Scienza pasticciona e scienziati creduloni: alcuni capitomboli delle neuroscienze

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Si parla troppo di “Scienza” come entità autonoma, come se una qualsiasi attività umana potesse
esistere senza alcun riferimento alle persone reali che la praticano. L’investigazione filosofica
si è focalizzata in maniera eccessiva sul “lato teorico” delle scienze immaginando un artificioso
“contesto scientifico” lontano mille miglia dal lavoro vero della scienza. Il vero lavoro scientifico
è un lavoro di tipo artigianale in cui lo strumento più utilizzato è una sorta di “senso comune
illuminato dalla statistica”. Questo diventa un punto molto importante in campi come le neuroscienze o la psicologia evoluzionistica che trattano temi di immediata rilevanza “umanistica”. In queste situazioni, il rischio di una scienza mal costruita è incredibilmente alto, anche a causa del (quasi ineliminabile) fondersi di interpretazioni arbitrarie (anche se suggestive) a misure sperimentali che non le implicano assolutamente. Ciò rende campi di investigazione come la risonanza magnetica funzionale molto più suscettibili a “distorsioni metodologiche” rispetto a campi più “tranquilli” come la fisica chimica organica o la dinamica non-lineare. Qui si cerca di analizzare alcune delle distorsioni metodologiche più evidenti e comuni nel campo delle
neuroscienze quando si imbarcano in temi ardui come il “libero arbitrio” o il “senso religioso”,
allo stesso tempo cercherò di tracciare delle ipotesi di massima sull’origine della fascinazione
esercitata dalle mappe multicolori tipiche della risonanza magnetica funzionale, facendo riferimento a degli interessanti risultati di scienziati cognitivi che hanno studiato questo fenomeno.

We talk too much of “Science” as an autonomous entity as if any human activity could exist without any reference to the real human beings practicing it. Philosophical investigation concentrated too much into the “theoretical side”, looking almost exclusively at an absolute and disembodied (and thus deeply unrealistic) “scientific context” as such. The real scientific work is mainly an artisan-like activity in which a statistically-educated common sense is probably the most relevant tool. This point is particularly relevant when in presence of scientific fields like neuroscience and evolutionary psychology facing crucial ”humanistic” themes. In these arenas, the risk of “bad manufactured science” is incredibly high due to the attachment of arbitrary (and suggestive) interpretations to the experimental measurements. This makes scientific areas like functional magnetic resonance much more affected by methodological bias than organic physical chemistry or nonlinear dynamics. Here I try and analyze some very common (and evident) general methodological biases of neurosciences when facing themes like “free will” or “religious sense”, while in the same time sketching some hypotheses on the causes of the fascination exerted by the peculiar data display of functional magnetic resonance on the basis of
some results coming from cognitive studies.

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