Interrogarsi sulla morte e sperare nel futuro

L'autore:

Il saggio esamina la natura della morte dell’uomo e sottolinea l’importanza che questo esame
può avere per la comprensione della nozione di persona e per la speranza nella vita eterna. Il
saggio parte dalle obiezioni di Wittgenstein al dualismo cartesiano e alle conseguenti forme
di riduzionismo materialista, e afferma sia che la persona umana non può essere identificata
con una delle sue parti (il cervello o l’anima), sia che ‘persona’ deve riferirsi all’intera unità
vivente, un essere umano effettivo. Il fatto che alcune attività umane possano avvenire (almeno
parzialmente) indipendentemente da operazioni del corpo (per esempio, il pensare astratto)
apre la possibilità della sopravvivenza di una parte dell’essere umano dopo la morte del corpo,
come aveva prospettato san Tommaso. Questa non è una reiterazione del dualismo, se, come
suggerisce l’autore, si dà adeguato conto alla nozione di sostanza residuale. Anche se questo non
prova la realtà della sopravvivenza dopo la morte, mostra che la sopravvivenza è una possibilità
aperta, e, dato il desiderio naturale che ne abbiamo, che c’è spazio per argomentazioni a favore
della religione.

The essay examines the nature of human death and highlights the importance that this examination might have for understanding personhood and for hoping in an eternal life. The essay moves from Wittgenstein’s objections to Cartesian dualism and ensuing forms of materialistic reductivism, and claims both that a human person cannot be identified with one of its parts (the brain or the soul) and that ‘person’ must refer to the whole living unity, an actual human being. The fact that some human activities can happen (at least partially) independently from bodily operations (e.g., abstract thinking), calls for the possibility of the survival of a part of the human being after the death of the body, as Aquinas had envisaged. This is not a reiteration of dualism, if, as the author suggests, the notion of a residual substance is taken into account. Although this does not prove the reality of survival after death, it shows that survival is an open possibility, and, given our natural desire for it, that there is room for arguments for religion. 

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