Se l’uomo «non muore per il fatto di essersi ammalato», ma «gli capita di ammalarsi proprio
perché fondamentalmente può morire» (M. Foucault), si potrà dire che la sconfitta della mortalità
è l’obiettivo implicito della scienza medica moderna. Con le versioni più radicali di medicina
anti-aging questo obiettivo diventa esplicito, e la mortalità, da sempre considerata una
caratteristica essenziale della natura umana, diventa una patologia da trattare clinicamente.
Dopo aver brevemente illustrato le possibilità scientifiche odierne e la sfida che esse lanciano
alle tradizionali categorie antropologiche di “mortalità” e di “immortalità”, l’Autore propone
alcune linee di riflessione a partire dalle prospettive di Hans Jonas e di Leon R. Kass. L’articolo
si conclude con un accenno al peculiare paradigma di immortalità contenuto nella rivelazione
cristiana, che mentre si pone in sintonia con gli esiti a cui conducono le posizioni dei due autori menzionati, ne lascia intravedere, al tempo stesso, un inedito sviluppo.

If man «does not die because he falls ill», but «he gets ill precisely because he fundamentally can
die» (M. Foucault), it can be affirmed that the defeat of mortality is the implicit goal of modern
medical science. With the most radical versions of anti-aging medicine this goal becomes explicit
and mortality, which has been always considered an essential characteristic of human nature, becomes a pathology to be clinically treated. First, the paper briefly explains the current scientific possibilities and the challenge that these pose to traditional anthropological categories of “mortality” and “immortality”. Then, some reflections are proposed starting with Hans Jonas and Leon R. Kass’ proposals. Finally, the paper suggests the peculiar paradigm of immortality contained within Christian texts. On the one hand, this paradigm is in accordance with the outcomes of the aforementioned authors’ proposals; on the other hand, it allows for an original development.